di Maurizio Brotini
Segretario CGIL Toscana
La Cgil è l’unica organizzazione di massa restata a sinistra assieme all’Arci ed al rinnovato protagonismo dell’Anpi.
A fronte della scomparsa, irrilevanza o salto diretto della barricata della sinistra politica è un dato che va sempre tenuto a mente.
Così come bisogna apprezzare la posizione contraria all’invio delle armi come modalità per costruire la pace in Ucraina ed in Europa, lo sciopero assieme alla Uil contro le politiche sociali del governo Draghi del 16 dicembre scorso e l’insistenza sul tema dei bassi salari e di un prelievo sulle grandi rendite. L’attenzione alla giusta transizione rispetto alla crisi climatica e il ribadire che non c’è più niente da scambiare da parte del mondo del lavoro per ottenere maggior salario diretto.
Se il giudizio fosse dato sul piano del possibile la risposta sarebbe solo positiva.
Ma il possibile è oggi quel che sarebbe necessario?
A fronte di un cambiamento dei centri del sistema mondo che potrebbe condurre alla terza Guerra mondiale la consapevolezza e le azioni conseguenti sono all’altezza del tema?
A fronte della crisi climatica che mette a rischio l’esistenza stessa della specie homo sapiens sulla terra, le azioni di riconversione produttiva che non siano il perpetuamento del dominio dell’Occidente sui tre quarti del globo sono adeguate? Le scelte messe in campo per far si che non scarichino sui lavoratori i costi sociali della decarbonizzazione evitano effettivamente morti e feriti?
A fronte dell’attesa della pandemia delle pandemie con un salto di specie contagioso come l’influenza e letale come l’ebola le risposte sono convincenti?
A fronte del bisogno di protezione sociale che emergeva nella prima fase della pandemia non stiamo tornando come prima se non peggio di prima con un ruolo dello Stato funzionale solo al trasferimento di risorse pubbliche verso l’impresa privata e la rendita finanziaria ed immobiliare?
E nei confronti del giudizio politico rispetto al governo Draghi, sorto per l’azione di Matteo Renzi su mandato di chi riteneva addirittura troppo pericoloso il Conte due, con una maggioranza progressista attenta quantomeno alle esigenze sociali e non ventriloqua dell’atlantismo più smaccato, non sarebbe necessario un profilo più netto e mobilitante. Il 18 giugno ci sarà una manifestazione nazionale della Cgil a Roma, benissimo, perché solo con il protagonismo di massa possono vivere le ragioni del Lavoro, ma come si da continuità all’azione e su quali punti prioritari?
Insomma, lunga vita alla Cgil e menomale che c’è, ma il tema e l’iniziativa che abbiamo di fronte è passare dal possibile al necessario, se straordinaria è la fase che abbiamo di fronte.
Rimettendo al centro la materialità dei bisogni e degli interessi di lavoratori poveri e meno poveri, precari, disoccupati, pensionati, cassintegrati e autonomi poveri ed impoveriti.
Fare il salto, insomma, dalla piccola politica alla grande politica, come rifletteva Gramsci: passare dall’amministrazione del presente alla fondazione di un nuovo Stato.
Il regolamento congressuale appena approvato, che impedisce a tutti gli iscritti che non fanno parte degli organismi dirigenti di presentare i documenti congressuali, è il contrario di quel che ci sarebbe bisogno: pensieri lunghi che poggino sulle spalle e le gambe di tutti e tutte gli iscritti della Confederazione.
Anche a fronte della scelta strategica di fase della Cisl di svolgere un ruolo derivante dal riconoscimento delle parti istituzionali e datoriali, agendo in funzione dei propri iscritti e non di tutti i lavoratori e le lavoratrici, è necessario recuperare la tensione unitaria di Di Vittorio, che prima era unità di classe che di organizzazioni.
A fronte della scomparsa, irrilevanza o salto diretto della barricata della sinistra politica è un dato che va sempre tenuto a mente.
Così come bisogna apprezzare la posizione contraria all’invio delle armi come modalità per costruire la pace in Ucraina ed in Europa, lo sciopero assieme alla Uil contro le politiche sociali del governo Draghi del 16 dicembre scorso e l’insistenza sul tema dei bassi salari e di un prelievo sulle grandi rendite. L’attenzione alla giusta transizione rispetto alla crisi climatica e il ribadire che non c’è più niente da scambiare da parte del mondo del lavoro per ottenere maggior salario diretto.
Se il giudizio fosse dato sul piano del possibile la risposta sarebbe solo positiva.
Ma il possibile è oggi quel che sarebbe necessario?
A fronte di un cambiamento dei centri del sistema mondo che potrebbe condurre alla terza Guerra mondiale la consapevolezza e le azioni conseguenti sono all’altezza del tema?
A fronte della crisi climatica che mette a rischio l’esistenza stessa della specie homo sapiens sulla terra, le azioni di riconversione produttiva che non siano il perpetuamento del dominio dell’Occidente sui tre quarti del globo sono adeguate? Le scelte messe in campo per far si che non scarichino sui lavoratori i costi sociali della decarbonizzazione evitano effettivamente morti e feriti?
A fronte dell’attesa della pandemia delle pandemie con un salto di specie contagioso come l’influenza e letale come l’ebola le risposte sono convincenti?
A fronte del bisogno di protezione sociale che emergeva nella prima fase della pandemia non stiamo tornando come prima se non peggio di prima con un ruolo dello Stato funzionale solo al trasferimento di risorse pubbliche verso l’impresa privata e la rendita finanziaria ed immobiliare?
E nei confronti del giudizio politico rispetto al governo Draghi, sorto per l’azione di Matteo Renzi su mandato di chi riteneva addirittura troppo pericoloso il Conte due, con una maggioranza progressista attenta quantomeno alle esigenze sociali e non ventriloqua dell’atlantismo più smaccato, non sarebbe necessario un profilo più netto e mobilitante. Il 18 giugno ci sarà una manifestazione nazionale della Cgil a Roma, benissimo, perché solo con il protagonismo di massa possono vivere le ragioni del Lavoro, ma come si da continuità all’azione e su quali punti prioritari?
Insomma, lunga vita alla Cgil e menomale che c’è, ma il tema e l’iniziativa che abbiamo di fronte è passare dal possibile al necessario, se straordinaria è la fase che abbiamo di fronte.
Rimettendo al centro la materialità dei bisogni e degli interessi di lavoratori poveri e meno poveri, precari, disoccupati, pensionati, cassintegrati e autonomi poveri ed impoveriti.
Fare il salto, insomma, dalla piccola politica alla grande politica, come rifletteva Gramsci: passare dall’amministrazione del presente alla fondazione di un nuovo Stato.
Il regolamento congressuale appena approvato, che impedisce a tutti gli iscritti che non fanno parte degli organismi dirigenti di presentare i documenti congressuali, è il contrario di quel che ci sarebbe bisogno: pensieri lunghi che poggino sulle spalle e le gambe di tutti e tutte gli iscritti della Confederazione.
Anche a fronte della scelta strategica di fase della Cisl di svolgere un ruolo derivante dal riconoscimento delle parti istituzionali e datoriali, agendo in funzione dei propri iscritti e non di tutti i lavoratori e le lavoratrici, è necessario recuperare la tensione unitaria di Di Vittorio, che prima era unità di classe che di organizzazioni.