Il mancato raggiungimento del quorum nei referendum dell’8 e 9 giugno rappresenta una sconfitta per l’intero Paese. Ma attenzione, non per chi ha promosso con coraggio questi quesiti, non per chi ha votato con coscienza e determinazione, bensì per uno Stato e una società sempre più incapaci di affrontare i nodi reali della giustizia sociale.
A uscire pesantemente delegittimato è un sistema in cui le più alte cariche istituzionali hanno apertamente fatto campagna per l’astensionismo, trasformando una consultazione popolare in un’occasione di sabotaggio deliberato della democrazia. Quando il Presidente del Consiglio e il Presidente del Senato invitano esplicitamente a non votare, non siamo più in una democrazia sana, ma in un regime che teme i cittadini.
I referendum chiedevano più dignità nel lavoro, cittadinanza per chi vive e contribuisce nel nostro Paese, l’abrogazione di norme discriminatorie e classiste. Eppure, i grandi media hanno agito da silenziatori, oscurando la campagna referendaria, parlando d’altro. Una truffa mediatica bella e buona.
E infine, dobbiamo dirlo con amarezza: una parte del Paese si è dimostrata incapace persino di cogliere la posta in gioco. Troppi hanno scelto la via dell’indifferenza, del “tanto non cambia nulla”, del cinismo elevato a forma di pensiero. Così, uno strumento fondamentale di democrazia diretta è stato svuotato. Non dalla volontà popolare, ma dalla rassegnazione indotta, dalla disinformazione programmata, dall’ostilità del potere.
Noi non ci arrendiamo. Abbiamo sostenuto i referendum con forza e continueremo a batterci per un Paese dove il lavoro sia tutelato, i diritti garantiti e la cittadinanza piena per tutte e tutti. La sconfitta è solo apparente: perché chi ha votato lo ha fatto con lucidità e coraggio, mentre chi ha taciuto o sabotato dovrà rispondere politicamente e moralmente di questo fallimento democratico.
Oggi non è finita una battaglia. È iniziato un risveglio.
E noi, come sempre, siamo dove c’è da lottare.
Contro l’Italia dell’astensionismo di Stato e della rassegnazione sociale. Per la giustizia, per la partecipazione, per ricostruire una Sinistra degna di questo nome.
